La comunicazione ai tempi dei social media

SOCIAL MEDIA
di: Delmonte
La comunicazione ai tempi dei social media

Se è vero che è stata la televisione a portare nelle case degli italiani la favella di Dante, è altrettanto vero che oggi sono i social media e la comunicazione 2.0 a cambiarla. Non è un segreto, infatti, che il mezzo ha sempre delle ripercussioni sulla natura e sulle caratteristiche del messaggio veicolato.
Se ci pensiamo, buona parte della nostra comunicazione quotidiana passa attraverso l’uso dei diversi strumenti che il web 2.0 ci offre: post pubblici, tweet, foto, commenti, emoticon, chat private e condivise. È inevitabile quindi che anche le nostre abitudini (che crediamo erratamente eterne) subiscano l’influenza del nuovo contesto e si modifichino, a volte anche in modo sostanziale.

 

 

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Si tratta ovviamente di un fenomeno che ha generato fiumi di discorsi che sono andati a costituire progressivamente due schieramenti opposti: da una parte, chi grida allo scandalo e lamenta l’impoverimento culturale a cui le nuove generazioni stanno andando incontro a braccia aperte, l’orrore dell’uso della lettera k in sostituzione del ch e la decadenza graduale della punteggiatura; dall’altra, chi accoglie il fatto come una delle tante evoluzioni inevitabili e non poi così negative, sottolineando l’immediatezza e la rapidità raggiunta dallo scambio sia orale che scritto.

Tralasciando per un momento le ragioni - per quanto condivisibili - di apocalittici e integrati, proviamo a vedere più nel dettaglio quali sono i risvolti pratici di questo mutamento sociolinguistico.

1. Se mi mandi un poke non ti taggo! LOL

Vediamo, prima di tutto, l’elemento forse più scontato, cioè l’ampliamento del nostro vocabolario (la creazione di neologismi va di pari passo all’evoluzione della società): dall’invenzione di parole di origine chiaramente inglese come postare, twittare, poke, taggare, chattare, ecc., all’utilizzo sempre più frequente di acronimi come LOL, OMG, WTF e così via (figli dell’adolescenziale capostipite TVB).

2. Ermetismo

Un aspetto fondamentale della comunicazione web è la concisione. Sia i tempi di attenzione imposti dal mezzo internet, sia lo spazio ridotto messo a disposizione da alcuni social media come Twitter ci obbligano a condensare il più possibile il nostro messaggio, tagliando preamboli e formalità e andando dritti al punto (oltre a ricorrere a molte delle abbreviazioni suggerite più sopra). Provate a confrontare una email ricevuta da una persona sulla quarantina e quella scritta da un millennial, e noterete una certa differenza.

3. Parlare con le dita

Bisogna inoltre sottolineare che pure tra i social media esistono delle differenze importanti. Come abbiamo detto, twitter impone brevità, quindi qualche sgrammaticatura viene considerata accettabile o necessaria; mentre facebook, che permette di esprimersi in modo più articolato, richiede una certa attenzione alla forma.

Discorso completamente distinto per la chat e i suoi derivati (dalla chat nel senso più tradizionale del termine a quelle di gruppo su WhatsApp). John McWhorther, professore di linguistica alla Columbia University, sostiene che una conversazione via chat si discosti dalle altre modalità tradizionali di comunicazione scritta e che la sua produzione abbia in realtà molti punti di contatto con la conversazione orale, al punto da definirla fingered speech (traducibile come “dialogo digitato”).

4. Platea Fantasma

Non si può parlare di web 2.0 senza parlare di comunità allargata e condivisione. In effetti, fino a poco tempo fa la produzione scritta era un’attività prevalentemente solitaria; e anche nel caso della produzione orale ci si rivolgeva solitamente a pubblici relativamente ristretti. Ora, invece, scrivere anche una sola frase su Facebook o Twitter significa renderla immediatamente visibile agli occhi di centinaia o migliaia di persone. Questo punto può però avere delle conseguenze negative: spesso l’utente, solo davanti al suo smartphone o nell’intimità delle mura domestiche, non si rende conto dell’effettiva portata del suo messaggio e rischia di condividere pensieri o immagini di cui poi potrebbe pentirsi. Di esempi che spaziano dalla sfera pubblica, a quella privata e all’ambito professionale, ce ne sono fin troppi.

Questi sono solo alcuni dei primi effetti, tra quelli notati finora, causati dall’ingresso prorompente delle tecnologie social nelle nostre vite. Così come già successo in passato questi effetti, spaventosi o incoraggianti che siano, si insinueranno poco a poco nel nostro quotidiano fino a farci domandare: “Ma perché? Com’era prima?”
Se vi sembra che ci siamo dimenticati qualche aspetto importante, scrivetelo tra i commenti!

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