Chatbot: sono belli, simpatici e vanno molto di moda. Ma è possibile usarli per fare lead generation?
Ebbene, la risposta è sì e gli esempi sono tanti: con Messenger di Facebook basta che una persona interagisca con il bot e abbiamo catturato un lead, seppure acerbo, mentre con chatbot proprietari come quello di HubSpot è possibile entrare in contatto di maggiori informazioni quali quella della mail.
E fin qui nulla da obiettare. Ma una volta che si crea un chatbot ci si scontra con un problema di non poco conto: quello, cioè, della gestione dei contenuti da esso veicolati. Secondo Giulia, la soluzione migliore è quella di creare dei percorsi guidati per sopperire all’incapacità del bot di reggere una conversazione utile con un essere umano. Pertanto, è bene procedere con domande a risposta chiusa, evitando conversazioni senza senso e mantenendo sempre un certo tono che sia una vera e propria estensione del nostro brand (e, quindi, del nostro tone of voice).
E se tutto questo non fosse possibile? Allora in tal caso deve subentrare l’intervento umano: nel momento in cui il bot non è in grado di rispondere alle domande di un utente, dev’essere mandato un alert al customer service per portare la richiesta dell’utente a persone in carne e ossa. Non solo. Queste ultime, poi, saranno incaricate di monitorare costantemente il chatbot in modo da fare analisi, capire quando e perché la conversazione si blocca per migliorare la questione e correggere i percorsi.
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