Il 2017 è stato fin qui un grande anno per i social media fail. In un’epoca come la nostra, nella quale il web si è trasformato nel principale luogo di scambio e condivisione, per le aziende è diventato fondamentale tenere sotto controllo (anche) la loro immagine virtuale.
Nonostante questo, capita sempre più di frequente che sulle pagine social di grandi o piccoli brand qualcosa vada storto e vengano trasmessi messaggi sbagliati e, spesso, offensivi e controproducenti.
In alcune circostanze si tratta di equivoci provocati per fretta o distrazione da persone dello stesso staff, in altre sono causati dall’intervento esterno di hacker che si infiltrano nei sistemi delle società per creare scompiglio. In altre ancora, possono dipendere da strategie di marketing realizzate ad hoc dalle stesse aziende per creare buzz e accrescere la notorietà del loro marchio. Ma a prescindere da quale sia la causa, se l’errore è rilevante, ci sono sugli effetti pochi dubbi che ne deriveranno: folle di internauti commenteranno la vicenda, scatenando - in alcuni casi - accese polemiche.
Come dicevamo, il 2017 ha già dato molto in questo senso. Ecco allora qual è, secondo noi, la top 3 dei social media fail dell’anno (almeno fino ad ora).
A marzo, sull’account Twitter ufficiale di McDonald’s (che ha più di 150 mila follower) è comparso un post che etichettava il nuovo presidente degli Stati Uniti Donald Trump col termine disgustoso e auspicava il ritorno di Barack Obama.
Un’affermazione decisamente fuori contesto per un’azienda (famosa in tutto il mondo) che di solito sui social network si limita a postare soltanto contenuti relativi ai suoi prodotti e alle sue offerte. E infatti, poco dopo la pubblicazione del primo tweet, sulla pagina ne è comparso un altro in cui McDonald’s chiariva la situazione segnalando ai suoi follower di aver subito un attacco hacker, di aver rimosso il contenuto incriminato e di aver avviato un’indagine sull’accaduto.
A inaugurare l’anno dei social media fail era stato, però, l’account Twitter di Yahoo Finance sul quale nei primi giorni di gennaio è stato accidentalmente postato un tweet contenente un insulto razzista. L’intenzione della società era quella di lanciare sul social network un articolo sui costi del piano di potenziamento della marina militare statunitense, voluto dal presidente Donald Trump. Il tweet doveva essere ‘Trump Wants a Much Bigger Navy: Here’s How Much It’ll Cost’, ma quando è stato postato la parola bigger aveva una ‘n’ al posto della ‘b’.
Uno strafalcione non da poco che ha evidentemente (e inevitabilmente) imbarazzato molto la società, la quale ha subito rimosso il contenuto in questione e ha postato un nuovo cinguettio per giustificare l’accaduto: ‘Abbiamo cancellato un precedente tweet a causa di un errore di ortografia. Ci scusiamo per l’equivoco’.
A fine maggio, a confezionare (involontariamente) un altro social media fail da manuale è stata la Walkers, azienda britannica che produce patatine e altri snack. Su Twitter ha lanciato una campagna promozionale chiedendo ai follower di inviare un selfie con l'hashtag #WalkersWave per avere la possibilità di vincere alcuni biglietti per la finale di Champions League, prevista per il 2 giugno a Cardiff.
In tantissimi hanno risposto alla chiamata dell’azienda e tutte le foto inviate sono state automaticamente inserite all'interno di un filmato nel quale l'ex calciatore inglese Gary Lineker, in posa davanti allo stadio, mostra i selfie uno per uno, congratulandosi con i partecipanti. La bufera social è nata dal fatto che molti utenti hanno pensato di divertirsi e di inviare, invece della loro immagini, quella di criminali e dittatori famosi (tra cui Stalin e i serial killer Harold Shipman e Fred West).
Inevitabile e immediata l'ammissione di colpevolezza di Walkers, che appena si è accorta di ciò che stava accadendo, ha bloccato il contest e chiesto scusa per l'accaduto.