Qualche settimana fa ho guardato in faccia la realtà e ho deciso che era arrivato il momento di comprare uno smartphone. Ho cominciato allora a reperire informazioni su internet: blog, recensioni, opinioni, forum, ecc. Dopodiché, una volta individuato un modello di mio gusto, ho cercato su diversi siti di e-commerce per trovare il prezzo più conveniente. Da quel momento in poi, quel telefono ha cominciato a perseguitarmi: lo vedevo all’interno della mia casella di posta, su diversi siti appartenenti ai settori più svariati, perfino sulla mia pagina Facebook.
Non ho pensato che fosse in atto un complotto nei miei confronti per spingermi a concludere l’acquisto; so che si tratta semplicemente di marketing personalizzato (retargeting), ma questo episodio mi ha portato a chiedermi se tale pratica non debba essere ripensata in modo da risultare meno invadente per l’utente e quindi più efficace per l’inserzionista.
Ne parla Mark Torrance in un interessante articolo comparso su Chief Marketer, che riportiamo di seguito.
Le società di advertising technology (tutte le tecnologie, prodotti e servizi che gestiscono la pubblicazione di annunci pubblicitari online, ndr) stanno individuando diverse tecniche per aiutare gli inserzionisti a raggiungere i consumatori in modo sempre più personalizzato. Basandosi sulla cronologia delle attività dell’utente e delle sue interazioni con i brand, i marketer hanno la possibilità di proporre dei messaggi promozionali coerenti e personalizzati, ritagliati su misura per ogni consumatore.
Sfortunatamente, molto spesso questi inserzionisti adottano un approccio un po’ grossolano e lasciano gli utenti incompresi, disinteressati o, peggio, spaventati.
Per esempio, come dicevamo all’inizio, capita a tutti di cercare un prodotto su un e-commerce, e poi di vedersi inseguiti da quello stesso prodotto in giro per il web. Questo è tipico di un approccio goffo di retargeting. Sì, il consumatore ha dimostrato un certo interesse per il prodotto in questione, ma perché allora non concentrarsi sul brand o sul negozio, per cercare di riagganciare il possibile cliente?
Perché non mostrare i prodotti più venduti della stessa categoria, o piuttosto appartenenti alla stessa fascia di prezzo, o ancora complementari ai prodotti ricercati dal cliente? Grazie a queste piccole variazioni, l’esperienza pubblicitaria può mutare dall’inquietante all’interessante.
In realtà, questo tipo di approccio può essere un buon punto di partenza, sicuramente molto meglio che niente; ma quando si lavora a fianco di una società capace di applicare dei modelli predittivi a tale problema, il risultato sarà senz’altro migliore. È possibile analizzare dati relativi a utenti precedenti e all’esposizione degli annunci per determinare il mix ideale di prodotti, offerte ed elementi di design (per esempio l’inserimento del prezzo o meno nell’annuncio). Questo approccio risolve il problema molto meglio di quanto potrebbero fare degli esseri umani che giocano con un software generatore di norme (rules engine).
Inoltre, molto frequentemente, questo tipo di annunci sono caratterizzati da un layout davvero poco attraente. Sembrano progettati da un programmatore o da uno studente di web design più che da un team di professionisti del settore. Questo succede quando prodotti provenienti da un catalogo variegato vengono collocati in un template uniforme, specialmente se l’annuncio è studiato per mostrare più di un prodotto in una galleria a scorrimento.
Invece, perché non provare qualcosa di piacevole alla vista, che si avvicini ai lavori dei dipartimenti creativi? Pensandoci, la galleria a scorrimento può essere reimmaginata per mostrare immagini grandi di una serie di prodotti, caratterizzate da una transizione a dissolvenza o da un’animazione all’interno dell’annuncio per attirare l’attenzione su di sé.
Non bisogna dimenticarsi, poi, che la sovraesposizione dei clienti agli annunci non è una buona strategia e può rivelarsi controproducente. Per ogni campagna esiste una frequenza ottimale che indica il giusto numero di annunci da mostrare a ogni cliente; una volta raggiunto tale numero, continuare a mostrare altri annunci rischia di diminuire le probabilità di acquisto da parte del cliente.
Pertanto, il superamento di questo limite può fare più male che bene per un determinato inserzionista, dato che la curva di “sopportazione” della quantità di annunci può raggiungere un valore medio, ma in realtà questo è diverso per ogni consumatore.
Fortunatamente, raccogliendo molti dati, i marketer capaci riescono a determinare l’andamento di questa curva di frequenza e a regolare il proprio appetito nel mostrare il giusto numero di annunci per ogni cliente, così da ottenere risultati soddisfacenti.
Infine, gli annunci dinamici creativi vengono raramente pubblicati in un contesto altamente coerente con il contenuto dell’annuncio stesso. Un annuncio di un rivenditore di articoli sportivi sarà molto più efficace se pubblicato in una pagina che tratta dello stesso tema. Questo tipo di targeting contestuale in tempo reale può essere davvero insidioso, ma allo stesso tempo estremamente potente. Presso Rocket Fuel, adottando questo approccio rispetto alla semplice visualizzazione di prodotti in base alla cronologia del consumatore, abbiamo riscontrato un miglioramento della performatività fino al 400%.
È giunto il momento di lasciarsi alle spalle la prima generazione di annunci dinamici stanchi e scontati, e di accogliere un nuovo marketing elegante, sottile e ragionato che migliorerà le relazioni tra i marketer e i loro clienti acquisiti e potenziali.